La posta da sempre ha sentito la necessità di registrare le proprie tempistiche: era prassi già in uso agli albori presso la corte viscontea di Milano quando la posta era un servizio prettamente riservato alla comunicazione di Stato e lo sarà pure in epoche successive allorché divenne un servizio alla portata di tutti: nella prima fase l’annotazione dell’ora di partenza, di arrivo e spesso dei transiti nelle stazioni postali lungo il tragitto serviva a fornire dati sensibili ai gestori del servizio così da risalire al responsabile che si era macchiato di un ritardo o di una negligenza(Figure 1A+ 1B).
Visto il costo di approntamento e mantenimento della rete postale era indispensabile assicurare alla Corte un servizio efficiente, superiore a tutte le altre forme di comunicazione scritta che perduravano da secoli, ancora di più nel periodo in cui la gestione era demandata a terzi. Le lettere XV secolo mostrano segni postali che in epoca recente sono stati ripresi in chiave scientifica così da sfrondarli da errori di interpretazione che si sono tramandati e ampliati nel tempo, non solo a livello collezionistico (Vedi Clemente Fedele, Croci e altri segni di posta, Storie di Posta 12, novembre 2015, pagg.72-84). E anche se le lettere del XVII secolo sono avare di simboli postali, riducibili a segni di tassa non di facile interpretazione, documenti diversi ci confermano che la posta continuava a tenere la tempistica aggiornata, perfino al ¼ d’ora (Figura 7).
Nel XVIII secolo, e precisamente nel 1731 (Figura 2) quando la posta passò dalla gestione in appalto a quella in amministrazione diretta statale, fecero la loro comparsa in Italia i primi bolli ebdomadari, cioè recanti la settimana dell’anno in cui la lettera era entrata nella rete postale: la cadenza settimanale era legata al frequenza di passaggio di corriere che in quell’epoca era appunto ogni sette giorni. A Milano si effettuò una prova nella settimana 31. Lo scopo era sia quello di rendere maggiormente vendibili le lettere: attraverso un apposito bollo ad umido si garantiva al destinatario, il quale ancora doveva pagare la tassa di cui erano caricate, di ricevere notizie fresche ovvero che la lettera non avesse subito né ritardi postali e neppure fosse stata trattenuta a destino dal commesso postale, magari desideroso di una gratifica prima di consegnarla al destinatario.
Altra novità vi fu a Milano nell’estate del 1790 (Figura 3)quando fecero la loro comparsa in posta dei nuovi timbri giornalieri a data mobile utilizzati in arrivo sia in rosso sia in nero: ormai la sequenza settimanale era superata e il loro scopo diveniva anche quello di indicare ai postali la data di arrivo e, attraverso il colore diverso, segnalare la giacenza delle lettere invendute. Solo nel 1831 (Figura 4)Milano ebbe un timbro datario in partenza, dopo decenni in cui nei territori asburgici italiani era stata data più importanza alla tempistica ufficio di arrivo-destinatario piuttosto che alla tratta ufficio di partenza- ufficio di arrivo. Il 1837 fu l’anno della nuova legge postale asburgica che per la prima volta dava valore legale, seppur con dei limiti, alla circolazione extrapostale, fino ad allora largamente praticata e contro cui non vi era argine. Per la necessità di rendere ancor più evidente la supremazia tempistica della posta i bolli datari giornalieri sulle lettere in partenza, da sporadici quali erano stati per decenni, trovarono diffusione capillare anche nei piccoli uffici periferici. Ad inciderli, o comunque a vincere la gara di appalto, fu il milanese Francesco Putinati: molti di questi bolli arrivarono ad annullare pure i francobolli della I emissione prima di essere utilizzati per scopi diversi. Anche Milano venne toccata da questa riforma e nuovi timbri vennero introdotti (Figura 6).
Infine in alcune località italiane per brevi periodi vennero sperimentati degli annulli ad ore (Figura 5), portanti cioè l’orario di lavorazione delle lettere a cui si aggiungeva una notevole capacità di demonetizzazione del francobollo dovuta alla corona dilatata. Non durarono a lungo, almeno a Milano: ben presto vennero sostituiti dai pratici annulli a data giornaliera.
Francesco
Figura 1A + 1B Fronte/verso di una coperta di plico da Milano a Vigevano del 1545 con l'orario di partenza e arrivo
Figura 2 Una lettera della settimana di prova del bollo ebdomadario
Figura 3 I nuovi timbri datari del 1790
Figura 4 1831: a Milano si passa dal bollo nominativo napoleonico al timbro datario